La città di Catania

Agrigento, Caltanissetta ed Enna

gangi-piatti-tipici-sicilianisono le città siciliane che più sono rimaste legate alla tradizione contadine, caratterizzate da un’economia prettamente agricola e dove ovviamente le tradizioni culinarie rispecchiano di più le usanze derivanti da questo.
Il tempo scandito dai periodi della coltivazione, come semina, vendemmia e raccolto sono occasioni per festeggiare secondo un inflessibile rituale, usanze pagane risalenti al culto di Demetra e Cerere, dee della fertilità e delle messi, oggi questi culti sono stati sostituiti da quello di San Giuseppe, non solo per un fatto meramente religioso, ma anche per il fatto che questa festività ricade in Marzo, mese in cui la terra si risveglia e comincia a germogliare, un momento molto importante per la realtà contadina.

L’Ennese

Tipiche della provincia di Enna e dei paesi delle Madonie sono le cene di San Giuseppe che consistono in dei banchetti offerti da alcune famiglie consorziatesi insieme per adempiere ad un voto fatto al santo, a queste tavolate vengono invitati tutti gli abitanti del paese, e se capita anche qualche forestiero, il menù è praticamente fisso:

  1. Minestra di ceci
  2. Pasta con finocchietto selvatico
  3. Fritto di cardoni e di baccalà
  4. Arance a spicchi

Le Petralie

Nelle Petralie (Petralia sottana e Petralia soprana) troviamo invece “u Manciari di San Giuseppe”, una minestra di verdure, legumi e tagliatelle fresche,  si andrà a tavola lasciando la porta di casa aperta, come simbolo di essere pronti ad accogliere qualsiasi ospite possa sopraggiungere, questi paesi anche se appartenti alla provincia di Palermo , non hanno nessun punto di contatto con le usanze della città e del resto della provincia, sono piccoli centri montani difficili da raggiungere a causa delle strade tortuose e poco agibili, quindi la loro economia presenta molti punti in comune con i paesi dell’entroterra.

A Gangigangi-piatti-tipici-siciliani viene avviene la festa della Spiga, festa derivante dal culto della dea Cerere, e si svolge nel mese di agosto, carri tirati da buoi e colmi di mazzi di spighe e di belle ragazze che simboleggiano la dea, arrivano in piazza dove vi è un banchetto collettivo all’aperto durante la quale viene servita una zuppa di legumi, “la manciata di li novi cosi” (il mangiare composto da nove cose), assomiglia molto al maccu di san giuseppe di Siracusa.

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Legumi

Il legume più diffuso in Sicilia è la fava, dalle fave essiccate deriva una delle zuppe più famose dell’isola, u maccu, dalla parola ammaccare, movimento che si fa durante la preparazione, schiacciando al bordo le fave riducendole come in una crema.

Il maccu di fave viene condito in maniera diversa, a seconda della zona, finocchietto selvatico ad Enna, zucca gialla a Palermo, lenticchie a petralia, con la smozzatura ad Ispica.

Il maccu se raffreddato, indurisce e può essere tagliato, come se fosse polenta, veniva dato agli uomini per portarlo nei campi come sostentamento.

Spesso una minestra calda era pure la colazione alle luci dell’alba prima di andare a lavorare sui campi, al posto di latte e caffè.

Il latte

Il latte trova pochissimo spazio nell’alimentazione dei Siciliani, questo è visto come un alimento da dare ai bambini, o agli anziani che non possono più masticare, ma spesso viene trasformato in una crema semplicissima, aggiungendogli solo zucchero ed amido, dal nome biancomangiare.bianco-mangiare-piatti-tipici-siciliani

Spesso una minestra calda era pure la colazione alle luci dell’alba prima di andare a lavorare sui campi, al posto di latte e caffè; il latte trova pochissimo spazio nell’alimentazione dei Siciliani, questo è visto come un alimento da dare ai bambini, o agli anziani che non possono più masticare, ma spesso viene trasformato in una crema semplicissima, aggiungendogli solo zucchero ed amido e chiamato biancomangiare.

Questa non propensione al latte come alimento è dovuto anche al fatto che il latto vaccino scarseggia, invece è molto diffuso quello di pecora, difficile da digerire e ricco di caseina e quindi adatto alla trasformazione in formaggio e ricotta.

Altre piccole curiosità

Tipica del paese di Sperlinga, in provincia di Enna è la frascatela, si prepara mettendo a bollire un broccolo a pezzetti e versando nell’acqua di cottura, farina di semola a pioggia fino a rendere consistente la pietanza, molto analoga ai carciofi di Gibellina.

Il paese di Sperlinga, insieme a quello di Nicosia, rimase fedele ai francesi durante la guerra del Vespro e subì a lungo la loro dominazione tanto che nel dialetto sono rimaste molte inflessioni di origine francese.

Nell’entroterra, oltre ai formaggi, le uova sono molto diffuse.

Ad Enna per esempio troviamo moltissime frittate, ad Agrigento invece le uova si usano strapazzate in tegami ripieni anche di verdure.

Il pollo invece è poco usato nell’alimentazione e sono poche le ricette (parliamo sempre di tradizioni), infatti i pollai sono considerati una ricchezza, per la produzione di uova, e quindi raramente veniva ucciso un esemplare, i maschi venivano venduti.

L’unico piatto della tradizione, di questa zona, a base di pollo, è la gallina bollita preparata per il “consolo”, questo piatto veniva preparto in occasione di un lutto da parte di parenti od amici, ed aveva appunto lo scopo di consolare sollevando gli addolorati da qualsiasi incombenza, anche dal cucinare.

La carne maggiormente diffusa è il castrato, poi il maiale ed infine il coniglio,

In provincia di Enna mangiano anche la volpe, ma avendo un gusto selvaggio e forte è necessario per tre giorni, tenerla in acqua che va continuamente rinnovata, prima di cucinarla.

Il pesce in queste zone è praticamente sconosciuto.

 

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