I Babbaluci a Picchipacchi sono una prelibatezza della cucina siciliana, tipica soprattutto della città di Palermo, dove il consumo di lumache è una tradizione secolare. Questo piatto, che presenta le lumache cotte in un sugo saporito e aromatico, riflette la ricca eredità culinaria dell’isola e la sua capacità di trasformare ingredienti semplici in esperienze gastronomiche indimenticabili.
Il termine “babbaluci” è il nome dialettale siciliano per le lumache, mentre “picchipacchi” fa riferimento alla modalità di preparazione, che implica una cottura lenta e saporita. La tradizione di cucinare le lumache in Sicilia risale all’antichità, influenzata dalle pratiche culinarie dei popoli che hanno attraversato l’isola, tra cui i Greci, i Romani e gli Arabi. L’uso di aromi e spezie per esaltare il gusto delle lumache è una pratica consolidata, con le ricette che variano a seconda delle influenze e delle tradizioni locali.
Nel caso dei Babbaluci a Picchipacchi, le lumache vengono cucinate con pomodori, aglio, prezzemolo e peperoncino, creando un sugo ricco e piccante che avvolge le lumache e le rende particolarmente gustose. Questo piatto è spesso servito come antipasto o secondo piatto durante le festività e le occasioni speciali, e rappresenta un autentico esempio della cucina palermitana, dove le tradizioni culinarie e la passione per i sapori intensi si fondono in un’armonia di gusto.
Oggi, i Babbaluci a Picchipacchi continuano a essere una prelibatezza amata, un piatto che celebra la tradizione siciliana e la ricchezza della cucina locale attraverso ingredienti semplici ma preparati con grande maestria.
Il curioso nome di queste lumachine di terra bianche deriva, presumibilmente dall’arabo babush, che indicava le scarpe con la punta ricurva verso l’alto, infatti le pantofole in siciliano si chiamano babuscie.
Altre fonti, invece, indicano la provenienza del termine dal greco arcaico boubalàkion, ovvero bufalo, cui venivano paragonati questi animaletti per via delle corna.
I siciliani vanno pazzi per i babbaluci che si consumano soprattutto in estate.
Oggi sono venduti dal fruttivendolo in grossi panieri di vimini, ma una volta u babbaluciaru era un vero e proprio mestiere. Dopo la raccolta nei campi a seguito di un’abbondante pioggia, si recava al mercato per vendere la sua mercanzia.
Se di taglia maggiore e con il guscio stirato di marrone assumono il nome di vaccaredde.
Altri gasteropodi molto ricercati sono i crastuna, dal guscio scuro e molto più grossi, e gli attuppateddi, anch’essi dal guscio scuro e spesso ma con l’apertura chiusa da un opercolo calcareo e bianco autoprodotto dallo stesso mollusco.
Porre le lumache in una cesta di vimini o in un colapasta capiente, cospargere con mezza tazza di pangrattato o di crusca, quindi coprire con un coperchio e lasciare spurgare
le lumache per 4 giorni, controllandole ogni giorno e aggiungendo altro
mangime.
Trascorso il tempo lavare le lumache sotto l’acqua corrente, quindi versarle in un tegame pieno di
acqua fredda salata.
Cuocere per circa 30 minuti a fiamma bassa in questo modo i molluschi usciranno dal
guscio.
Scolare i babbaluci e passarli in padella con la salsa a picchipacchi.
Gustarle calde o a temperatura ambiente aiutandosi con uno stecchino per cavare fuori gli animaletti rimasti dentro il guscio e con abbondante pane per raccogliere il sugo.
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